La parabola di Bossi il guerriero
Commuove, ma non trascina più

di Susanna Pesenti
Il vecchio leone ha una zampa sola. Nell'auditorium di Alzano, quasi pieno ieri sera per l'apertura ufficiale della campagna elettorale della Lega in terra orobica, Umberto Bossi si appoggia al leggio mentre il braccio sinistro pende inerte.

Il vecchio leone ha una zampa sola. Nell'auditorium di Alzano, quasi pieno ieri sera per l'apertura ufficiale della campagna elettorale della Lega in terra orobica, Umberto Bossi si appoggia al leggio mentre il braccio sinistro pende inerte. La gestualità istintiva, che gli permetteva di guidare il pensiero della folla, è ridotta a uno stendere la mano destra verso il pubblico a sottolineare le parole d'ordine che più gli premono e che ritornano ciclicamente nel discorso: federalismo, Padania.

La zampata arriverà solo alla fine, dopo aver ripreso fiato e bevuto un sorso di Coca Cola: il pugno alzato, finalmente. E la parola «libertà» gridata nel microfono. Umberto Bossi arriva sul palco in silenzio: pantaloni grigi, golfone verde con gli alamari, il passo sbilanciato. Si ferma alle spalle di Cristian Invernizzi, neocandidato alla Camera che lo saluta e ringrazia ma non smette di parlare. Bossi si guarda intorno un po' sperso, finché qualcuno gli porta una sedia e lo fa accomodare. È un gesto gentile, quasi familiare, ma sembra più rivolto a un nonno, all'anziano di riguardo che al leader di un movimento.

A Invernizzi succede Roberto Pedretti, colui che ha fatto il passo indietro. Lo rimarca citando il capo: «Se Bossi ha saputo fare un passo indietro, figuratevi se non doveva farlo un militante come me!». L'anziano di riguardo è incluso nella conversazione, ma non è lui che parla. Dà segni d'impazienza, gli ricordano che «bisogna rispettare la scaletta». Allora sta fermo, accarezzandosi la mano segnata dalla malattia. La liturgia della campagna elettorale continua.

Si cita con discrezione il nuovo capobranco Maroni, perché «bisogna guardare al futuro». Bossi è sempre fermo. È il presidente della Provincia Ettore Pirovano a rimettere in carreggiata la serata: evoca i tempi «di Forlani e De Michelis: tutta quella melma... Quanti fra quelli che son qui ricordano quando il paradiso era avvicinare Bossi e farsi mandare aff... Senza Bossi non ci sarebbe nessuno di noi: né sindaci né consiglieri né deputati né responsabili di grandi aziende». Più chiaro di così. Parte la clacque e arriva l'applausone. Poi i candidati salgono sul palco tutti quanti a fare corona: Vanalli, Andreina, il sindaco di Alzano Anelli, Gregis, Ferri, Pecce, Natali, Saita... resteranno lì per sempre, un poco coro greco, un poco vetrina.
Susanna Pesenti

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