Affreschi di Astino, un'ipotesi:
spunta la mano dei Baschenis

Entrare nella chiesa del Santo Sepolcro di Astino è come trovarsi davanti ad una «Wunderkammer», una camera delle meraviglie. Velati da teli e impalcature i tesori dell'arte e dell'architettura sembrano giocare a nascondino con gli occhi dello spettatore.

Entrare nella chiesa del Santo Sepolcro di Astino è come trovarsi davanti ad una «Wunderkammer», una camera delle meraviglie. Velati da teli e impalcature i tesori dell'arte e dell'architettura sembrano giocare a nascondino con gli occhi dello spettatore, svelandosi timidamente.

Una collezione di mirabilia, segni e testimonianze di artisti che hanno lasciato la loro impronta a Bergamo. E tra le ultime scoperte, una serie di affreschi che rivelerebbero la mano dei bergamaschi Baschenis. Ad accennare l'ipotesi Amalia Pacia, della Soprintendenza per i Beni storici, artistici ed etnoantropologici della Lombardia, durante un sopralluogo al sito, nella mattinata di giovedì 29 marzo.

«Si tratta di affreschi del Cinquecento, che le fonti già attribuiscono alla bottega dei Baschenis - afferma Pacia -. Siamo agli albori dello studio, che deve essere approfondito. Ho dei dubbi su alcuni sfondi paesaggistici, che mi fanno pensare a una bottega di pittori che lavorò anche sugli affreschi di San Michele al Pozzo Bianco in città Alta e su un loggiato a Malpaga. Baschenis resta da valutare».

La serie di affreschi si estenderebbe su buona parte delle pareti: «Il problema è la mancanza di fonti - spiega Valentina Parodi, restauratrice -. Dai documenti sembra che l'incarico fosse stato attribuito ai Baschenis, tutta la parte del coro e la navata, sino alla facciata».

Ma i dilemmi non si limitano all'indagine storico-artistica. A investire la chiesa e il monastero di Astino, il problema delle risorse. Spiega Federico Friedel Elzi, presidente della Società Val D'Astino e vicepresidente Mia: «L'unico istituto bancario che ci sostiene è Ubi Banca, gli altri si sono ritirati. Ora siamo in contatto con un altro istituto importantissimo. Le aziende con i dipendenti in cassa integrazione, in questo momento non investono in questi progetti».

Leggi di più su L'Eco di venerdì 30 marzo

© RIPRODUZIONE RISERVATA