Bergamasco di ritorno dalla Libia:
«Da un ribelle una lettera»

«È stato davvero difficile tornare a casa. Uno dei responsabili della rivolta, al porto di Misurata, mi ha consegnato una lettera che vuole essere un messaggio per tutti gli italiani». A parlare è il bergamasco Fulvio Angioletti, tornato a casa domenica 27 febbraio.

Un rientro dalle tinte omeriche per gli italiani atterrati domenica sera 27 febbraio allo scalo di Orio al Serio dalla Libia, terra devastata dalla guerra civile. Un lungo viaggio iniziato venerdì, quando finalmente è stata resa disponibile la nave S. Giorgio che, dal porto di Misurata, ha portato 122 italiani sulla costa sicula. Domenica mattina, da Catania, sono stati trasferiti a Roma dove alcuni di loro hanno preso un volo diretto all'hub orobico. Ad aspettarli mogli e figli (per la maggior parte le persone rientrate sono dipendenti dell'azienda Tecnonoleggi di Brescia) che in questi giorni hanno condiviso le paure e le ansie dei propri cari e che hanno potuto contare solo su Internet come unico mezzo per comunicare.

«Dovevano già rientrare martedì – spiega Samantha Angioletti di Chignolo d'Isola, in attesa del papà Fulvio, dipendente dell'azienda Tecnonoleggi-. I C130 li aspettavano ma l'atterraggio è stato impedito perché c'era chi sparava e buttava sabbia sulla pista. La Farnesina ci è stata vicina, ci tenevano informati quotidianamente. Il papà ci diceva che si sentivano le sparatorie. La situazione era dura anche se all'interno della struttura dove stavano tutto sommato era sopportabile».

La paura si legge negli occhi di Fulvio Angioletti abbracciato alla moglie e alle due figlie: «È stato davvero difficile tornare a casa. La Lisco (Libyan Iron and Steel Company) ha giocato un ruolo fondamentale facendo tramite con chi ormai aveva preso il potere. I libici ci hanno aiutato, dandoci da mangiare e tutto quello di cui avevamo bisogno. Hanno anche aiutato ad organizzare le partenze. Uno dei responsabili della rivolta, al porto di Misurata, mi ha consegnato una lettera che vuole essere un messaggio per tutti gli italiani e che spiega cosa sta succedendo. Non hanno a che fare con gruppi terroristici come Al-quaida, vogliono solo essere liberi da Gheddafi».

Per saperne di più leggi L'Eco di Bergamo del 28 febbraio

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