Buonanotte
Sabato 11 Giugno 2016
L’ultima riga
Il fatto che, per la prima volta nel 2016, una donna abbia conquistato un posto di rilievo nella corsa per la presidenza degli Stati Uniti deve essere letto - rispondete pure al sondaggio nella vostra testa - come una conquista dell’emancipazione femminile o come una sconfitta del genere umano che solo dopo millenni ha realizzato come le due parti di se stesso - uomo e donna - siano equivalenti e, semmai, la seconda andrebbe premiata anche soltanto per la pazienza?
Io propendo, si è forse capito, per l’ipotesi numero due, perché mi sembra davvero incredibile come, sotto sotto, l’umanità tutta - comprese anche molte donne - viva con inconscia palpitazione la prospettiva che a occupare un posto di grande importanza politica e militare ci sia una persona di sesso femminile. È questo uno dei tanti pregiudizi che, a nostra insaputa o quasi, ci muovono: il presidente degli Stati Uniti deve essere uomo e lo stesso requisito, in fondo, lo richiediamo all’arbitro della partita di calcio e al pilota dell’aereo che ci porterà in vacanza. Quest’ultimo, lo ha dimostrato un sondaggio, oltre che uomo deve essere anche bianco, altrimenti i passeggeri, inclusi quelle di altre razze, si sentono a disagio.
Qualcuno ha fatto notare che una donna sulla soglia della presidenza è una novità storica solo per gli Stati Uniti: basta fare i nomi di Angela Merkel, Margaret Thatcher, Indira Gandhi, Golda Meir, Dilma Rousseff e Benazir Bhutto, e l’elenco potrebbe continuare. Vero, ma, riconosciamolo, quello di presidente degli Stati Uniti è nella percezione di tutti il ruolo di responsabilità per eccellenza, centrale a questa epoca e decisivo per l’Impero a guida americana che, seppur declinante, ancora ci comanda e ci condiziona.
Forza Hillary Clinton, allora, e speriamo bene. Sarà significativo, però, che ci siamo ricordati di citare il suo nome solo all’ultima riga?
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