Dal Moderno lungo il viale ai resort in Brasile

LA STORIA. Il nonno di Aurelio Guzzoni guidava lo storico hotel in viale Papa Giovanni XXIII a inizio Novecento. A San Paolo la storia di successo dei discendenti.

È una storia di emigrazione di successo e che dura da generazioni, quella della famiglia Guzzoni. Una famiglia di albergatori capaci, che hanno portato in Brasile le proprie origini bergamasche, la forza di volontà e la voglia di farcela. Tutto è iniziato nel 1953, quando a trasferirsi a San Paolo fu Fabrizio Guzzoni, con l’idea di continuare l’eredità di famiglia, visto che suo padre Aurelio era proprietario dell’Hotel Moderno, in centro a Bergamo.

«Mio nonno Aurelio Guzzoni – racconta Aurelio Guzzoni, 73 anni, nato in Italia nel 1950 e figlio di Fabrizio Guzzoni – era il proprietario dell’Hotel Moderno, aperto nel 1915 e chiuso negli anni ’80 (dopo la morte di mio nonno nel 1969 l’albergo fu portato avanti da mio zio Eugenio prima di chiudere), che ha funzionato per circa 70 anni, che si trovava accanto alla sede de “L’Eco di Bergamo”, dove oggi c’è il Centro Congressi. Mio padre Fabrizio (venuto a mancare nel 2005) si è sposato nel 1949 con una brasiliana, Antonietta, conosciuta perché era stata ospite del Moderno nel 1947 in occasione di una visita in città». Sono rimasti a Bergamo poi fino al 1953, quando hanno deciso di trasferirsi in Brasile, per aprire un albergo.

Il viaggio verso Santos

«Siamo venuti in Brasile (io avevo 3 anni) – spiega – con tutta la mia famiglia, io, mio fratello Eugenio e 4 collaboratori bergamaschi, Alberto Micheletti, Emilio Locatelli, Pasqua Tresoldi, Franco Zanchi e altri due Edwin Prieth di Merano e Michele Brusa, torinese. Mio nonno e mio zio Eugenio invece hanno continuato a lavorare a Bergamo, nel Moderno. Dopo la guerra l’Italia aveva diverse difficoltà e l’America era una speranza per tutti e mia madre voleva tornare in Brasile ed era una opportunità, quindi sono venuti qua. Così nel febbraio del 1953 si sono tutti imbarcati a Genova nella, all’epoca, nuovissima M/N Augustus, destinazione Santos. Arrivati in Brasile, volevano aprire un albergo ma i capitali all’inizio non erano sufficienti e quindi hanno aperto un ristorante a San Paolo».

«Tutto quello che guadagnava mio padre lo reinvestiva. Nel 1965 poi ha aperto il primo Grande Hotel Ca’ d’Oro con 200 camere. C’erano pochi alberghi e una grande richiesta per via del boom economico che il Paese stava vivendo e noi abbiamo fatto quindi una bella crescita. Poi siamo passati a 400 camere e abbiamo raddoppiato tutto, il mercato era molto favorevole»

Tutto nasce nel 1953

Era il giugno del 1953 e l’avventura dei Guzzoni in Brasile ebbe ufficialmente inizio. «I miei genitori – continua – hanno quindi iniziato a lavorare qua. In quel periodo in Brasile la cucina italiana era la cucina del Sud Italia e il Ca’ d’Oro fu il primo ristorante in Brasile a portare la cucina del Nord Italia: casoncelli alla bergamasca, bresaola della Valtellina, i primi risotti, polenta con pernici e quaglia e ossobuco e tutte le nostre specialità culinarie. Poi l’azienda è cresciuta e dopo tre anni hanno affittato uno stabile e creato 50 camere». Era il 1956 e da allora fino a oggi l’azienda è cresciuta parecchio. «Tutto quello che guadagnava mio padre lo reinvestiva. Nel 1965 poi ha aperto il primo Grande Hotel Ca’ d’Oro con 200 camere. C’erano pochi alberghi e una grande richiesta per via del boom economico che il Paese stava vivendo e noi abbiamo fatto quindi una bella crescita. Poi siamo passati a 400 camere e abbiamo raddoppiato tutto, il mercato era molto favorevole».

«Nel 1985 eravamo tra i quattro migliori alberghi di San Paolo insieme all’Hilton, il Cesar Park e Maksoud Plaza - racconta ancora Aurelio Guzzoni –. Abbiamo ricevuto tantissimi ospiti importanti: ad esempio Luciano Pavarotti, che anche io ho conosciuto personalmente, anche il presidente Scalfaro, poi il re di Spagna. Il nostro era un albergo europeo e italiano e in ogni angolo del Ca’ d’Oro c’è un punto di Bergamo, perché siamo molto legati alle nostre radici, ancora oggi». A fine degli anni ’90, poi, la forte crisi economica abbattutasi sul Brasile ha colpito, in parte, anche l’albergo della famiglia Guzzoni.

L’evouluzione dettata dai tempi

«Mio padre ha dovuto cambiare un po’ l’azienda perché il mercato era cambiato, le industrie non erano più aperte e in crescita. Avevamo un albergo troppo grande per quel periodo. Abbiamo quindi studiato e fatto un progetto riducendo l’albergo, trasformandolo “mixed use” (albergo, ristorante, uffici e appartamenti-residenziali) tramite una società con il gruppo canadese Brookfield. Abbiamo ristrutturato tutto, trasformando la struttura (rendendola praticamente nuova) con due torri: una torre di uffici (300 unità) e albergo (150 camere) e poi una con residenze (300 unità) e ristorante. L’abbiamo iniziato nel 2009 e conclusa nel 2014: funziona ancora oggi ed è un nuovo modello di “business” adattato a una nuova realtà del mercato. Le persone possono abitare e lavorare nello stesso posto, circostanza importante in una cittá grande come San Paolo».

Il mondo alberghiero la loro storia

Aurelio ha lavorato come il padre e come il nonno un’intera vita nell’attività alberghiera di famiglia. «Oggi sono in pensione, ma faccio anche parte del consiglio. Ho lavorato per 50 anni nella nostra struttura. Oggi però non è più solo nostro, ma abbiamo venduto una parte della società a un gruppo di investitori e noi abbiamo tenuto il 30%. La nostra famiglia oggi segue soprattutto l’albergo. Io avevo anche un fratello, Eugenio Guzzoni, che però sfortunatamente è morto nel 1993. Oggi c’è mio nipote, che è suo figlio, che lavora in albergo ed è direttore-presidente esecutivo e che si chiama Fabrizio Guzzoni (come mio padre), mentre mio figlio Aurelio Abreu è vicepresidente». Oggi l’albergo ha 150 camere e la famiglia Guzzoni amministra anche la parte degli uffici. «È un albergo moderno, che ottiene buoni risultati. Abbiamo un buon ristorante con piatti bergamaschi e stiamo lavorando bene».

70 anni di vita e lavoro in Brasile, dal 1953 al 2023

Lo scorso anno la famiglia Guzzoni ha potuto anche festeggiare l’importante traguardo dei 70 anni di vita e lavoro in Brasile, dal 1953 al 2023. Aurelio e tutta la sua famiglia, quindi, oggi si sentono a casa in Brasile. Ma non hanno dimenticato e nemmeno interrotto il proprio legame con la terra natale, Bergamo. «Io ho studiato a San Paolo nella scuola italiana Dante Alighieri, mio padre parlava con me solo in italiano, in casa la lingua era quella italiana, la mia prima lingua è l’italiano. Mi sono sposato con una brasiliana. Mia moglie si chiama Margherita e abbiamo avuto 3 figli: Aurelio Abreu, Gustavo e Henrique. Poi c’è mio nipote Fabrizio, che è come un figlio per me. Fabrizio ha anche una sorella che si chiama Patrizia Guzzoni e vive a Barcelona. I miei figli e i miei nipoti sono tutti nati e cresciuti in Brasile e hanno passaporto italiano perché figli di italiani. Ho tramandato la lingua italiana anche ai miei figli, chi più chi meno, e anche i nipoti la parlano. Per noi è importante, sono le nostre radici». «Il legame con l’Italia – conclude – non si è mai spezzato. Io almeno una volta all’anno vengo a Bergamo 15 giorni, dove ci sono le mie cugine, Donatella Guzzoni (ingegnere) e Mariella Guzzoni (curatrice dell’esposizione di Van Gogh a Milano l’anno scorso) che è una scrittrice e ricercatrice molto importante. Sono figlie di Vittorio, il figlio più grande di mio nonno Aurelio (erano tre, Vittorio, Eugenio e mio padre Fabrizio). Amo Bergamo, è la mia città, mi sento a casa».

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